IL TRIBUNALE 
 
    Questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  14  comma
5-quater d.lgs. n. 286/98, come  modificato  dalla  legge  15  luglio
2009, n. 94 in relazione agli artt. 3 e 27 della Costituzione; 
    Proc.to n. 1633/10 R.G. N. R. - n. 641/10 R.G. Dib. 
    con riunito proc.to n. 2318/10 R.G. N. R.; n. 922/1012.6. Dib.; 
    Contro Cotovan Nicola nato Gotesti (Moldavia) il 19 novembre 1981
alias  Cotovan  Nicolae,  nato  in  Moldavia  il  14  novembre  1981,
imputato: 
        del reato p. e p. dall'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/98
e succ. modd.; in Ferrara il  2  aprile  2010  (decreto  Prefetto  di
Ferrara del 22 marzo 2010); 
        del reato p. e p. dall'art. 14,  comma  5-quater,  d.lgs.  n.
286/98; in Ferrara il 9 maggio 2010 (decreto Prefetto di Ferrara  del
27 aprile 2010); 
    Visti gli atti dei procedimenti penali suindicati; 
    1. Considerato che il Cotovan, in  data  2  aprile  2010,  veniva
tratto in arresto da Militari della Compagnia CC di Comacchio (FE) in
quanto  inottemperante  all'ordine  di  allontanamento   emesso   dal
Questore di Ferrara in  data  22  marzo  2010,  sul  presupposto  del
decreto  emesso  in  pari  data  dal  Prefetto;  che  all'udienza  di
convalida  dell'arresto  il  prevenuto   dichiarava   di   non   aver
ottemperato al citato ordine in quanto rimasto  privo  di  lavoro  e,
percio', del denaro necessario per il viaggio; 
    2. Considerato che il Cotovan, in  data  9  maggio  2010,  veniva
tratto in arresto da personale della Polizia di Stato della  Questura
di Ferrara in  quanto  inottemperante  all'ordine  di  allontanamento
emesso  dal  Questore  di  Ferrara  in  data  27  aprile  2010,   sul
presupposto del  decreto  emesso  in  pari  data  dal  Prefetto;  che
all'udienza  di  convalida  dell'arresto  prevenuto   di   non   aver
ottemperato al citato ordine in quanto la madre  era  in  attesa  del
permesso di soggiorno e che in Moldavia essi non avevano piu' casa; 
    dato preliminarmente atto che  a  carico  del  prevenuto,  presso
l'intestato Tribunale, oltre a quello  sopra  indicato,  risultano  i
seguenti ulteriori procedimenti: 
        n. 7168/09 R.G. N. R.; n. 1856/09 R.G. Dit); violazione  art.
14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/98; in Ferrara  il  26  novembre  2009
(definito con sent. n.  1730/09;  decreto  Prefetto  Ferrara  del  13
ottobre 2009); 
        n. 6/10 R.G. N. R.; n. 3/10 R.G. Dib.;  violazione  art.  14,
comma 5-quater, d.lgs. n.  286/98;  in  Ferrara  il  2  gennaio  2010
(definito con sent. n. 1/10;  decreto  Prefetto  di  Ferrara  del  27
novembre 2009); 
        n. 1360/10 R.G. N. R.; n. 557/10 R.G. Dib.;  violazione  art.
14, comma 5-quater, d.lgs. n. 286/98; in Ferrara  il  21  marzo  2010
(definito con sent. n. 552/10; decreto  Prefetto  di  Ferrara  del  5
gennaio 2010); 
        n. 2065/10 R.G. N. R.; n. 784/10 R.G.  Dib;  violazione  art.
14, comma 5-quater, d.lgs. n. 286/98; in Ferrara il  25  aprile  2010
(definito con sent. n. 717/10; decreto  Prefetto  di  Ferrara  del  3
aprile 2010); 
in tutte le indicate circostanze l'odierno prevenuto veniva tratto in
arresto; 
    Ritenuto che la condotta contestata nel procedimento iscritto  al
n. 1633/10 R.G. N. R. e  n.  641/10  R.G.  Dib.  debba  correttamente
inquadrarsi nella fattispecie prevista dall'art.  14  comma  5-quater
del d.lgs. n. 286/98, cosi come novellato, poiche' l'imputato -  come
sopra evidenziato - si e' reso responsabile di ulteriori condotte  di
protrazione del suo stato di soggiorno irregolare  e  tali  condotte,
per il periodo successivo all'8  agosto  2009  (data  di  entrata  in
vigore della normativa sulla sicurezza), viene ad essere disciplinata
dalla nuova legge, in virtu' della sua natura permanente, configurata
dalla dominante giurisprudenza di legittimita' (in ultimo, Cass.,  V1
sez. pen., 19 marzo 2008, 11. 27049); 
    Rilevato, comunque, che anche la prima  violazione  dell'art.  14
comma 5-ter t.u.  imm,  era  stata  accertata  successivamente  all'8
agosto 2009 e che, a seguito del processo,  non  potendosi  procedere
ne' all'espulsione coattiva, ne'  d'accompagnamento  presso  il  piu'
vicino C.i.e., era stato emesso  dal  Questore  un  nuovo  ordine  di
allontanamento dal territorio nazionale,  contenente  le  indicazioni
delle  conseguenze  penali  della  permanenza  anche  reiterata   nel
territorio dello Stato, ai sensi del comma 5-bis, art. 14 t.u.,  come
modificato dalla legge n. 94/2009; 
    Considerato altresi' che, con la disciplina previgente, la stessa
giurisprudenza  di  legittimita'   aveva   posto   un   limite   alla
possibilita' di reiterare gli accertamenti  dell'inottemperanza  agli
ordini di espulsione impartiti mediante l'intimazione a  lasciare  il
territorio nazionale entro cinque giorni, stabilendo che,  una  volta
accertata giudizialmente l'inottemperanza  da  parte  dell'immigrato,
non si potesse procedere  nuovamente  all'arresto  ed  alla  relativa
contestazione del reato previsto dall'art. 14 comma 5-ter, t.u. imm.,
per  avere  il  cittadino  straniero  violato   una   seconda   volta
1'intimazione a lasciare il territorio  nazionale,  poiche'  dopo  la
prima violazione dell'ordine occorreva procedere necessariamente  con
l'accompagnamento coatto alla  frontiera  (Cass.,  1  sez.  pen.,  14
novembre 2005, n. 580) e, solo se lo straniero fosse  rientrato  dopo
essere stato accompagnato ai confini, si poteva  procedere  ai  sensi
del comma 5-quater dell'art. 14; 
    Rilevato che il predetto limite, ispirato non solo  dall'esigenza
di perseguire fatti direttamente attribuibili agli  immigrati  e  non
anche le inefficienze degli apparati di controllo statuali, ma  anche
dall'apprezzabile ragione di non celebrare una serie  di  processi  a
carico della stessa persona, deve ritenersi caduto con  l'entrata  in
vigore  della  nuova  normativa,  che  espressamente   incrimina   la
permanenza illegale «reiterata» nel territorio (art. 14, comma 5-bis)
ed attribuisce al Questore un generale potere  di  disporre  la  mera
intimazione  a  lasciare  il  Paese,  con  la  conseguenza  che  ogni
protrazione della  permanenza  puo'  configurare  un  nuovo  reato  o
un'estensione della permanenza della precedente condotta illecita  (a
seconda che venga o meno emesso un nuovo  ordine  di  espulsione  non
coattivo); 
    Ritenuto che tale interpretazione e' confermata pacificamente dal
tenore dei commi 5-ter e  5-quater  dell'art.  14  riformulati  dalla
legge n. 94/2009 ed in particolare dall'espresso e ripetuto  richiamo
alla procedura dettata  dal  comma  5-bis,  nonche'  dall'espressione
«continua a permanere» utilizzata dal  legislatore  nel  nuovo  comma
5-quater in luogo di quella precedente «che viene trovato»; 
    Ritenuto, tuttavia, che la nuova disciplina ed in particolare  il
nuovo comma 5-quater dell'articolo  in  esame,  nella  parte  in  cui
consente una serie indefinita di arresti  e  processi  nei  confronti
della stesso immigrato  irregolare  deve  essere  sottoposta  ad  una
valutazione di compatibilita' con la Costituzione, poiche' non appare
manifestamente infondata l'ipotesi di un suo contrasto con  la  carta
fondamentale; 
 
                            O s s e r v a 
 
    1. Violazione dell'art.  3,  1°  comma,  della  Costituzione  per
l'irragionevole mancata previsione di un giustificato motivo  per  la
permanenza sul  territorio  nazionale  nell'art.  14  comma  5-quater
d.lgs. n. 286/98; 
    L'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/98. 
    E' noto come requisito necessario  per  la  configurabilita'  del
reato di cui all'art. 15, comma 5-ter,  T.U.  sull'immigrazione,  sia
l'assenza  di  un  «giustificato  motivo»   del   trattenimento   sul
territorio, concetto volutamente  generico  e  non  codificato,  come
tale, comprensivo di una  molteplicita'  di  situazioni  oggettive  e
soggettive anche piu' ampie rispetto allo stato di necessita'  ovvero
alle ordinarie cause di giustificazione, connesse eventualmente  alla
tutela dei  diritti  fondamentali  della  persona  nell'ottica  della
valorizzazione di  una  interpretazione  piu'  conforme  ai  principi
costituzionali (si pensi alle condizioni di salute dello straniero  o
di un prossimo congiunto, allo stato di gravidanza o alla nascita  di
figli minori, come pure alle persecuzioni  razziali,  allo  stato  di
guerra  del  paese  di  provenienza,  all'imminente  matrimonio   con
cittadino   italiano,    all'imminente    rilascio    di    documenti
dall'autorita' consolare ovvero ad altre  cause  che  impediscono  la
mobilita' del cittadino). 
    Una lettura costituzionalmente orientata della norma  ha  imposto
ai giudici di merito e di legittimita' la  ricerca  dei  confini  del
giustificato motivo sul  presupposto  che  il  delitto  sanziona  una
condotta  omissiva  (ovvero  l'inosservanza   al   provvedimento   di
espulsione)  e  che  proprio  la  previsione   della   esimente   del
giustificato motivo  costringe  a  valutare  in  modo  piu'  rigoroso
l'esistenza della colpevolezza e, quindi, il dolo del  reato.  Va  da
se' che, affinche' la condotta omissiva  sia  sanzionata  penalmente,
essa deve essere innanzitutto esigibile  da  chi  deve  osservare  il
precetto. 
    Su tali premesse, va detto che numerose sono  le  pronunce  della
Suprema Corte di cassazione in tema di giustificato motivo. 
    In linea generale circa la valutazione della  suddetta  esimente,
e' stato precisato che, ai fini della  sussistenza  del  giustificato
motivo,  idoneo  ad  escludere  la  configurabilita'  del  reato   di
inosservanza all'ordine del Questore di lasciare il territorio  dello
Stato,  non  e'  sufficiente  la  considerazione  dei  mero   disagio
economico, di regola sottostante al fenomeno migratorio,  ma  occorre
la condizione di assoluta impossidenza dello straniero, che  non  gli
consenta di recarsi entro il termine assegnato alla  frontiera  e  di
acquistare il biglietto per il viaggio  (cfr.  Cass.  pen.  sez.  1°,
Sentenza n. 42384 del 6 dicembre 2006 proc. Singh). Ed  ancora  (cfr.
Cass. pen. Sez. 1, Sentenza  n.  40315  del  26  ottobre  2006  proc.
Batir), a proposito delle difficolta' economiche  dell'immigrato,  e'
stato chiarito che la sussistenza del giustificato motivo per cui  lo
straniero si e' trattenuto nel territorio dello Stato  in  violazione
dell'ordine impartito dal questore  di  allontanarsene  entro  cinque
giorni ai sensi dell'art. 14-ter d.lgs. 25 luglio 1998 n.  286,  deve
essere valutata con riguardo o situazioni ostative  -  l'onere  della
cui  prova  grava  sull'interessato  -  incidenti  sulla  sua  stessa
possibilita', oggettiva o soggettiva, di  ottemperarvi,  escludendola
ovvero rendendola difficoltosa, non anche con riferimento ad esigenze
che riflettono la condizione tipica del migrante clandestino, come la
mancanza di  un  lavoro  regolare  ovvero  la  provenienza  di  mezzi
economici da attivita' non regolari o non stabili. Tuttavia, si legge
in altre decisioni (confronta Cass. pen. sez. 1,  Sentenza  n.  30774
del 25 maggio 2006 Ud. proc. Alexandru Nicolau), che, ai  fini  della
sussistenza  del  «giustificato  motivo»,  pur  avendo  lo  straniero
l'onere di allegare i  motivi  non  conosciuti  ne'  conoscibili  dal
giudicante, permane in capo al giudice il potere-dovere  di  rilevare
direttamente,  quando  sia  possibile,  l'esistenza  di  ragioni  che
legittimano l'inosservanza dell'ordine di allontanamento. 
    Sulla scia di tale decisione si pongono altre massime  che  hanno
valorizzato  il   dato   ponderale   della   impossidenza   economica
dell'immigrato  rilevabile  dal  giudice,  idonea  a  configurare  il
giustificato motivo. Secondo i giudici di legittimita', i motivi che,
in base all'art. 14 comma 1° d.lgs. n. 98/286, legittimano la p.a.  a
non  procedere  all'esecuzione  con  accompagnamento  coattivo   alla
frontiera,  ossia  la  necessita'  di  soccorso,  la  difficolta'  di
ottenere i documenti di viaggio, l'indisponibilita' del vettore o  di
altro  mezzo   di   trasporto   idoneo,   costituiscono   indici   di
riconoscimento della inesigibilita'  della  condotta  richiesta  allo
straniero in applicazione del principio ad impossibilia nemo tenetur.
In  particolare,  costituisce  giustificato  motivo   l'inadempimento
conseguente alle condizioni di assoluta impossidenza dello  straniero
il quale non puo' recarsi nel termine della frontiera ne'  acquistare
il biglietto di viaggio, ovvero al mancato rilascio  da  parte  della
competente autorita' diplomatica o consolare dei documenti  necessari
(cfr. in tal senso Cass. pen. sez. I°  18  settembre  2006  n.  30779
Farina Fontan). 
    Giova ancora richiamare altra recente pronuncia (Cass. pen.  sez.
1, n. 8352 dell'8 febbraio 2008 imputato  Cisse)  che,  relativamente
alla inottemperanza all'ordine di allontanamento dal territorio dello
Stato, per indisponibilita' di mezzi  economici  per  l'acquisto  del
titolo di viaggio, ha  precisato  in  modo  analitico  e  rigoroso  i
parametri e criteri di accertamento. Nella motivazione, la  Corte  ha
ribadito che, se e' vero che al soggetto  inottemperante  compete  un
onere di allegazione e non gia' di dimostrazione del proprio assunto,
l'onere  di  allegazione  e'  convenientemente  adempiuto  quando  il
riferimento al motivo, alle ragioni od alle circostanze poste a  base
del mancato ottemperamento sia connotato  da  concretezza  e  non  in
contrasto con elementi desumibili dagli atti. In  altri  termini,  la
carenza di mezzi economici in misura  tale  da  non  consentire  allo
straniero di allontanarsi dallo Stato, non  deve  consistere  in  una
mera  affermazione  generica  e  non  accompagnata  da   un   qualche
riferimento concreto che renda possibile il giudizio di  esigibilita'
o meno dell'obbligo non rispettato, ne' deve porsi in contrasto con i
dati fattuali emergenti dagli atti. Inoltre, quanto all'apprezzamento
spettante al  Giudice  del  merito  della  esistenza  della  esimente
speciale, e' stato precisato che: 
        esula dall'ambito applicativo della esimente ogni ipotesi  di
scelta volontaria o libera dell'espulso (cfr.  Cass.  pen.  sent.  n.
19131/06) pur se connessa ad esigenze degne di tutela,  quale  quella
di  presentare  una  istanza  di  «emersione»  (o  sanatoria)  e   di
attenderne la definizione (cfr.  Cass.  sentenze  n.  45431/05  e  n.
48863/03); 
        deve,  di  contro,  darsi  risalto  allo   stato   di   grave
condizionamento psichico, indotto da circostanze  concrete,  tali  da
rendere inesigibile  l'ottemperanza  all'ordine  del  Questore  (cfr.
Cass. sent. n. 32929/05); 
        con  particolare  riguardo  alla  dibattuta  questione  della
possibilita'  che  la  condizione  economica   dell'obbligato   possa
integrare l'esimente in esame, non puo' costituire l'esimente  stessa
la mera difficolta' di reperire i fondi  necessari  all'acquisto  del
titolo di viaggio (cfr. Cass. sent.  n.  19086/06),  ma  soltanto  la
grave  assoluta  impossidenza,  da  accertarsi  con   riguardo   alle
condizioni personali e di inserimento sociale dello  straniero  e  da
valutarsi anche in relazione ai costo dei viaggio  di  rimpatrio  nel
concreto imposto (cfr. Cass. sent. n. 25640/06); 
        compete, comunque, al giudice del merito effettuare il dovuto
scrutinio, al di la dell'onere di  allegazione  dell'interessato,  ed
allo stesso Giudice incombe di dare  adeguata  e  logica  motivazione
della valutazione effettuata (cfr. Cass. sent. n. 30774/06). 
    In altri termini, i  criteri  di  riconoscimento  della  esimente
speciale sono improntati ad un estremo rigore ma, al  contempo,  essi
mirano  a  salvaguardare  il  giusto  equilibrio  e  contemperare  le
esigenze di  tutela  sociale  alle  quali  e'  preposto  l'ordine  di
espulsione con i diritti fondamentali dello straniero garantiti dalle
norme costituzionali. 
    Ne discende che, mentre la mera difficolta' di adempiere  (tipica
delle condizioni in cui versano tutti  i  migranti)  non  integra  il
giustificato  motivo,  diversamente,  la  grave   impossibilita'   di
adempiere sia per  la  estrema  impossidenza  economica  sia  per  le
molteplici cause codificate nelle norme contenute nello stesso  testo
unico poste a protezione del  migrante  (sopra  richiamate  a  titolo
esemplificativo) configurano la speciale causa di giustificazione. 
    Con riferimento  alla  indisponibilita'  dei  mezzi  necessari  e
sufficienti   per   l'acquisto   del   titolo    di    viaggio    per
l'allontanamento, la Suprema Corte ha precisato che il giudice dovra'
tener conto nell'accertamento: 
    1)  della  presumibile  situazione  economica   dell'interessato,
desumibile tanto dai proventi di qualsivoglia attivita'  egli  svolga
od abbia svolto in Italia, quanto dal  tempo  di  accertata  presenza
irregolare dello stesso sul territorio nazionale e  dalle  condizioni
personali di suo inserimento sociale. 
    2) del costo presumibile per l'acquisto del  titolo  di  viaggio,
tenendo  presente  che  l'allontanamento  deve  avvenire  non   gia',
necessariamente, con rimpatrio nel paese di origine, bensi',  secondo
la ragionevole previsione dell'art.  14,  comma  5-bis  del  T.U.  in
direzione di qualunque altro luogo situato fuori del territorio dello
Stato italiano, (ben potendo emergere che lo  straniero  possa  avere
collegamenti personali con tali luoghi). 
    L'art. 14, comma 5-quater, d.lgs. n. 286/98. 
    Per contro, la nuova norma incriminatrice  introdotta  dal  comma
5-quater dell'art. 14 del testo unico delle  leggi  sul!'immigrazione
appare in contrasto con  l'art.  3,  1°  comma,  della  Costituzione,
poiche'  sanziona  indefettibilmente  ogni   condotta   di   illegale
permanenza sul territorio nazionale del  cittadino  extracomunitario,
successiva ad una prima inottemperanza all'ordine di espulsione. 
    La disposizione, non prevedendo alcuna ipotesi  di  «giustificato
motivo» di permanenza sul territorio italiano  dello  straniero  gia'
espulso,  stabilisce  un  trattamento  deteriore  per   quest'ultimo,
rispetto a quello riservato allo straniero alla prima inottemperanza. 
    Se la violazione dell'ordine di espulsione e' stata finora sempre
considerata penalmente irrilevante nei  casi  di  sussistenza  di  un
giustificato motivo, sia  pure  nella  rigorosa  accezione  delineata
dalla Consulta nella sentenza  n.  5/2004  («situazioni  ostative  di
particolare  pregnanza,  che  incidano  sulla  stessa   possibilita',
soggettiva od oggettiva, di adempiere  all'intimazione,  escludendola
ovvero rendendola difficoltosa o pericolosa»), nella  fattispecie  in
esame lo straniero, gia'  inottemperante  all'ordine  di  uscire  dai
confini nazionali, non ha piu', a partire  dal  secondo  accertamento
della sua permanenza irregolare nel  Paese,  alcuna  possibilita'  di
allegare  quelle  stesse  situazioni  che   rendono   impossibile   o
pericoloso adempiere all'ordine di espulsione. 
    Eppure tali impedimenti  ben  possono  sopravvenire  rispetto  al
primo accertamento della violazione; si pensi  a  malattie  oppure  a
stati di guerra o calamita naturale nella nazione di provenienza  del
cittadino   straniero   sorti   dopo    la    prima    inottemperanza
all'intimazione di lasciare il territorio italiano,  gia'  sanzionata
con l'arresto ed il contestuale processo con rito direttissimo. 
    Ne deriva che imputato che  si  trovi  a  dover  fronteggiare  le
suddette evenienze - assolutamente estranee alla sua sfera volitiva -
non avra' alcuna possibilita' di far valere fondamentali  elementi  a
discarico nel processo instaurato contro di lui  per  la  commissione
del reato previsto dal comma 5-quater  dell'art.  14  tu.  immigraz.,
divenendo soggetto per questa via ad una serie indefinita di arresti,
processi e condanne per tutta la  durata  della  situazione  ostativa
alla partenza dall'Italia. 
    E' evidente, a questo punto,  la  disparita  nel  trattamento  di
situazioni giuridiche omologhe, quali sono  quelle  dei  responsabili
dei reati rispettivamente previsti dai commi  5-ter  e  5-quater  dei
citato art. 14. La maggiore ed ingiustificata asprezza  del  precetto
penale  previsto  dalla  seconda  disposizione  pone  la  stessa   in
contrasto con il principio di uguaglianza nell'accezione  consolidata
datane dalla Corte costituzionale. 
    Ulteriore profilo di contrasto della norma in esame con l'art. 3,
1°   comma,   della   Costituzione   e'   quello   dell'irragionevole
sottoposizione al medesimo trattamento sanzionatorio di due  condotte
oggettivamente dissimili; quella, rilevante nel caso di specie, dello
straniero che  continua  a  permanere  sul  territorio  nazionale  in
violazione dell'intimazione a lasciarlo,  impartitagli  a  norma  del
comma 5 bis dell'art. 14 e quella - oggettivamente piu' grave - dello
straniero che continui  a  permanere  nel  Paese  dopo  essere  stato
accompagnato coattivamente alla frontiera, a norma del  comma  5-ter.
E' chiaro che una  mera  omissione  non  puo'  essere  equiparata  ad
effettiva azione  contraria,  quale  quella  di  chi  si  sottrae  al
servizio di accompagnamento al confine o lo  rende  inutile  varcando
nuovamente i confini d'ingresso del nostro Paese. 
    Concludendo sullo specifico punto, la  disparita'  segnalata  non
appare colmabile facendo ricorso alla scriminante di ordine  generale
di cui all'art. 54 c.p. stante  i  limiti  ermeneutici  intrinseci  a
detta norma, la quale trova  configurabilita'  solo  a  fronte  della
provata sussistenza di un «pericolo attuale di un  danno  grave  alla
persona» non altrimenti evitabile. 
    2. Violazione dell'art. 27, 1° comma, della Costituzione  per  il
contenuto  di  responsabilita'  oggettiva  insito  nel  nuovo   comma
5-quater dell'art. 14 t.u. imm. 
    Il comma 5-quater dell'art.  14  d.lgs.  n.  286/98  e  anche  in
contrasto con l'art. 27, 1° comma, della Costituzione. 
    La disposizione,  infatti,  incrimino  in  modo  automatico  ogni
accertamento della perdurante inottemperanza ad ordini di  espulsione
emessi ai sensi del comma  5-bis  dell'art.  14,  non  ponendo  alcun
limite numerico al numero di tali accertamenti, con il  risultato  di
poter determinare una serie illimitata di arresti e processi penali. 
    E' noto che nel vigore della formulazione della norma  precedente
all'approvazione della legge n. 94/2009 il comma  5-quater  prevedeva
la sanzione peri soli  casi  di  «nuova»  permanenza  sul  territorio
nazionale, con cio'  definendosi  un  diverso  periodo  di  soggiorno
illegale dello straniero «gia' espulso con accompagnamento  coattivo»
alla frontiera. 
    Si e' gia' visto in precedenza come questa  piu'  grave  condotta
«attiva» di trasgressione della normativa sull'immigrazione  sia  ora
irragionevolmente  parificata  al  perdurare  della  mera  situazione
«omissiva» di soggiorno irregolare. 
    Ebbene, la formulazione normativa previgente del comma  5-quater,
interpretata dalla giurisprudenza di legittimita' formatasi a partire
dalla citata decisione della prima Sezione penale della S.C.  del  14
novembre 2005, n. 580, interveniva a  punire  solo  le  condotte  dei
migranti gia' precedentemente accompagnati alla frontiera, nuovamente
trovati nel territorio dello Stato. 
    Il nuovo esercizio  del  potere  sanzionatorio  veniva,  percio',
agganciato ad un'effettiva ed autonoma trasgressione  dell'immigrato,
laddove  l'attuale   tenore   della   stessa   disposizione   punisce
indefinitamente la  merci  «permanenza  illegale»  dello  stesso  nel
Paese, non caratterizzata da alcuna soluzione di continuita' rispetto
all'iniziale non facere. 
    L'elemento  che  deve  essere  messo  in  risalto,  al  fine   di
evidenziare il contrasto del  comma  5-quater  con  il  principio  di
responsabilita' personale, e  quello  della  possibilita'  -  offerta
dalla legge n. 94/2009 al Questore - di reiterare  senza  limiti  gli
ordini  di  espulsione  emessi  ai  sensi   del   comma   5-bis   per
l'impossibilita'  di  accompagnare   coattivamente   alla   frontiera
l'interessato. Se, dunque, sulla  base  del  citato  orientamento  la
cassazione aveva qualificato come soggetto a «consumazione» il potere
d'intimazione  del  Questore,  dovendo  lo   stesso   necessariamente
riuscire ad eseguire coattivamente l'espulsione  dopo  l'accertamento
processuale della  prima  inottemperanza,  la  medesima  disposizione
novellata dalla legge del 15 luglio 2009 indubitabilmente  garantisce
all'organo provinciale di pubblica sicurezza la facolta' di ricorrere
sempre e comunque al predetto potere d'intimazione in tutti i casi in
cui non sia possibile l'accompagnamento alla  frontiera.  Non  lascia
dubbi la locuzione «si applicano in ogni caso»  le  disposizioni  del
comma 5-ter, che, a sua volta, richiama il precedente comma 5-bis  ed
il correlativo «ordine di lasciare il territorio  dello  Stato  entro
cinque giorni». 
    Emerge, a questo  punto,  la  non  manifesta  infondatezza  della
questione di legittimita' costituzionale del comma 5-quater dell'art.
14 t.u. nella parte in cui prevede, in combinato disposto con i commi
5-bis  («l'ordine  e   dato   con   provvedimento   scritto   recante
l'indicazione  delle  conseguenze  sanzionatorie   della   permanenza
illegale, anche reiterata, nel territorio dello Stato») e 5-quinquies
la possibilita' di reiterati procedimenti  con  connessi  arresti  in
flagranza inerenti  alla  mero  perdurante  presenza  sul  territorio
italiano  dello  straniero  gia'  inottemperante  ali'intimazione  di
espulsione impartita ai sensi del  comma  5-bis  e  per  questo  gia'
processato. 
    E' doveroso, quindi, porsi il problema della  compatibilita'  con
l'art. 27 comma della Costituzione della norma in esame,  poiche'  la
protrazione  ulteriore  della  condotta  illecita  e  la  conseguente
commissione del distinto reato (rispetto all'ipotesi-base incriminata
tuttora dal comma  5-ter)  previsto  dall'art.  14,  comma  5-quater,
d.lgs. n. 286/1998 vengono ad essere effettivamente determinare dalla
inefficienza  della  p.a.  nell'esecuzione   dei   provvedimenti   di
espulsione. 
    In definitiva, se la commissione di un reato  e'  influenzata  in
modo determinante dall'attivita' di un  organo  statuale  e  doveroso
dubitare della legittimita' costituzionale della norma istitutiva del
relativo precetto penale, poiche' ne  risulta  svilito  il  principio
della responsabilita' personale, potendo  l'imputato  subire  pesanti
conseguenze dalla concorrente inerzia  proprio  degli  enti  pubblici
deputali all'applicazione delle norme sull'immigrazione: si pensi, ad
esempio, alla impossibilita di fruire della sospensione  condizionale
della  pena  nei  casi  di  molteplici  condanne  determinate   dalla
reiterata inerzia nel procedere all'accompagnamento alla frontiera. 
    Ne',  in  senso  contrario,   puo'   richiamarsi   il   dominante
orientamento della cassazione sulla natura permanente  del  reato  di
inottemperanza all'ordine di espulsione (VI sez. pen., 19 marzo  2008
- 3 luglio 2008 cit.). 
    Infatti, la notevole - ed indefinita  -  dilatazione  dell'ambito
applicativo del nuovo art. 14,  comma  5-quater,  t.u.  imm.  non  si
concilio  proprio  con  la  giurisprudenza  costituzionale   che   ha
agganciato la natura permanente o meno di una  fattispecie  criminosa
non tanto ad una estemporanea definizione  legislativa,  quanto  alla
concreta manifestazione della condotta tipica, cosi come interpretata
dalla giurisprudenza. 
    In proposito, puo' citarsi la sentenza della Corte costituzionale
del 26 novembre 1987, n. 520. Si tenga conto, infine, che, mentre  in
diversi  casi  disciplinati  da  altre  norme  penali  il   perdurare
dell'omissione  acquistava   rilevanza   penale   anche   in   virtu'
dell'incoercibilita'   della   condotta    doverosa    (cfr.    Corte
costituzionale, sent. 5  marzo  1998,  n.  46  in  tema  di  servizio
militare di leva), nel caso in esame,  poiche'  il  provvedimento  di
espulsione  e'  eseguibile  coattivamente   senza   una   particolare
collaborazione da pane del destinatario,  non  puo'  ascriversi  alla
volonta' dell'immigrato la responsabilita' per le condotte successive
al primo accertamento processuale dell'inottemperanza. 
    Alla stregua di questa elaborazione dell'alta Corte  sui  confini
della punibilita', la norma in esame deve ritenersi  compatibile  con
il principio di responsabilita' personale posto dall'art.  27  Cost.,
nella misura in cui  la  permanenza  della  condotta  omissiva  cessi
comunque con la sentenza di condanna non seguita da provvedimento  di
espulsione effettiva, non potendosi  ritenere  ammissibile  sotto  il
profilo costituzionale  un  meccanismo  indefinito  di  processi  con
«arresti a catena» di una persona inottemperante ad un  primo  ordine
di espulsione, che non sia stato accompagnato alla frontiera all'atto
del secondo accertamento della violazione, in virtu'  dell'apodittica
formulazione dell'ultimo periodo del comma 5-ter  («qualora  non  sia
possibile procedere all'accompagnamento»). 
    Peraltro, a conferma della tesi in qui esposta, non  si  rinviene
nella fattispecie penale in esame quella  perdurante  lesione  di  un
bene giuridico, tipica dei reati permanenti (si pensi al sequestro di
persona od all'omissione d'atti d'ufficio), configurandosi  piuttosto
il delitto posto dall'art. 14, comma 5-quater, t.u. (unitamente  agli
altri contenuti nello stesso testo unico)  come  un  reato  di  «mera
disobbedienza»   o   formale.   L'immigrato   irregolare,    infatti,
disobbedisce  ad  un  precetto,   ma   non   compromette   certamente
l'integrita' territoriale del Paese,  ne'  il  buon  andamento  della
pubblica  amministrazione  o  le  esigenze  del  bilancio  e  nemmeno
i'ordine pubblico, turbato, come e'  noto,  solo  da  fatti  concreti
almeno  potenzialmente  offensivi  della  tranquillita'   sociale   e
dell'incolumita' individuale. 
    Tuttavia,  poiche'  la  normativa  sin  qui  esaminata  e   stata
introdotta  proprio  per  permettere  il  meccanismo  indefinito   di
processi con «arresti a catena», con  la  sostanziale  surroga  della
detenzione (in virtu' dell'accumulo delle condanne  e  degli  effetti
della recidiva) alla piu' proporzionata e doverosa esecuzione in  via
amministrativa delle disposizioni sull'immigrazione  (accompagnamenti
e respingimenti  motivati  di  soggetti  specificamente  individuati)
appare   necessario   sollevare   la   questione   di    legittimita'
costituzionale del comma 5-quater dell'art.  14,  d.lgs.  n.  286/98,
nella parte in cui richiama l'ultimo  periodo  del  precedente  comma
5-ter e  sanziona  reiteratamente  plurime  inosservanze  della  mera
intimazione a lasciare il territorio nazionale, senza l'adozione  del
servizio pubblico di accompagnamento ai confini. 
    3. Violazione dell'art. 27,  3°  comma,  della  Costituzione  per
contrasto con il principio della finalita' rieducativa della pena. 
    In ultimo, deve rilevarsi anche il contrasto che  emerge  tra  la
nuova formulazione dell'art. 14, comma 5-quater  t.u.  e  l'art.  27,
terzo  comma,  della  Costituzione,  che  sancisce  il  principio  di
finalita' rieducativa della pena. 
    Difatti, la «spirale di condanne» prevista per lo  straniero  che
continua  a  permanere  sul  territorio  italiano,   non   intendendo
adempiere  spontaneamente  all'espulsione,  e'  idonea  a  realizzare
quell'effetto distruttivo della «sua  intima  personalita'  umana»  e
della sua «speranza di una vita normale», stigmatizzato al piu'  alto
livello dalla  Consulta  nella  sentenza  n.  343/1993,  che  ritenne
incostituzionale  la  normativa  sulla  c.d.  «obiezione  totale»  al
servizio di leva,  che  incriminava  indefinitamente  l'obiettore  il
quale continuava a non prestare il servizio,  una  volta  rimesso  in
liberto dopo l'espiazione della  pena  comminata  per  il  precedente
rifiuto. 
    In particolare, nella citata  sentenza  la  Corte  costituzionale
dichiaro' l'illegittimita' costituzionale, in riferimento agli art. 3
e 27 della costituzione, dell'art. 8, terzo comma, della legge n. 772
del 1972, in connessione con l'art. 148 c.p.m.p., nella parte in  cui
non prevedeva l'esonero dalla prestazione del  servizio  militare  di
leva in favore di coloro che, avendo rifiutato totalmente in tempo di
pace la prestazione del servizio  stesso  dopo  aver  addotto  motivi
diversi da quelli indicati nell'art. 1 della legge n. 772 del 1972  o
senza  aver  addotto  motivo  alcuno,  avessero  espiato   per   quel
comportamento la pena  della  reclusione  in  misura  quantomeno  non
inferiore complessivamente alla durata del servizio militare di leva. 
    E' evidente che, nel caso in esame, la situazione  dell'immigrato
straniero nel nostro Paese, piu' volte espulso e processato ai  sensi
dell'art. 14, comma 5-quater, si manifesta del tutto affine a  quella
dell'obiettore totale, gia'  valutata  incostituzionale  dal  giudice
delle  leggi,  con  la  significativa  differenza  che  la   condotta
richiesta all'immigrato e',  da  un  lato,  ottenibile  coattivamente
dagli organi dello Stato e, dall'altro, molto onerosa  dal  punto  di
vista  materiale  per  il  destinatario  del  precetto:   l'obiettore
commette  un  reato  per  disobbedienza   individuale   alla   legge,
l'immigrato commette un reato per evitare un viaggio in Paesi ubicati
in altri continenti ed  afflitti  da  gravi  problemi  di  miseria  e
disoccupazione. Se quest'ultimo deve subire una pena per la  mancanza
di effettive cause di giustificazione o non  punibilita',  e'  chiaro
che la sanzione deve essere proporzionata alla non rilevante gravita'
della sua condotta e non puo' essere  artificiosamente  moltiplicata,
dovendosi   punire   una   condotta   di   inosservanza    precettiva
sostanzialmente unica. 
    4. La rilevanza della questione. 
    Nel processo odierno la questione e'  rilevante  poiche'  Cotovan
Nicola (o Nicolae), essendo gia'  stato  arrestato  e  processato  in
passato per la violazione dell'art. 14, comma 5-ter, t.u. imm. e' ora
chiamato  a  rispondere  del  reato  previsto  dall'art.  14,   comma
5-quater, per avere continuato a permanere sul  territorio  nazionale
nonostante l'intimazione a lasciarlo,  gia'  formalmente  ricevuta  e
ribaditagli alla conclusione del primo processo. Se si ritenesse  non
conforme alla Costituzione la possibilita' di reiterare gli ordini di
espulsione e le relative  conseguenze  penali,  e'  evidente  che  il
processo con rito direttissimo a carico  del  predetto  non  potrebbe
portare alla condanna del prevenuto. 
    Allo stesso modo, dal momento che Cotovan Nicola (o  Nicolae)  ha
allegato di essersi  trattenuto  sul  territorio  del  Paese  poiche'
rimasto  privo  di  lavoro  e,  conseguentemente,  privo  dei   mezzi
economici  necessari  per  il  viaggio  al  Paese  di  origine,   con
conseguente dovere per il giudicante di  valutare  se  tale  dato  di
fatto - ove riscontrato nella sua sussistenza e rilevanza fattuale  -
configuri una ipotesi di giustificato motivo, emerge la non manifesta
infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art.
14, comma 5-quater, nella parte in cui prevede  che  la  continuativa
permanenza irregolare sul territorio nazionale  costituisca  reato  a
prescindere dalla sussistenza di un giustificato  motivo  per  essere
nuovamente inottemperanti all'ordine di espulsione. 
    Infine, richiamato quanto  sopra  dedotto  in  tema  di  funzione
rieducativa della pena, una nuova  -  ed  ulteriore  -  condanna  nel
presente  procedimento  risulterebbe  vieppiu'  lesiva  dell'indicato
precetto costituzionale.